Testo Luciano Violante
Regia G. Di Pasquale
Attrice interprete Viola Graziosi
Teatro Annibale di Francia – Messina 9 dicembre 2022
Dalla barca che la porterà lontano… si erge a fatica una donna con un grido profondo, terribile come dal ventre della terra…
MEDEA l’estranea piange il suo misfatto, piange quel ventre lacerato tre volte… quando partorì e quando colpì, ad uno, ad uno, i suoi figli…
Si erge tutta come fosse Farinata tra le fiamme dell’inferno e altera, forte del suo immane dolore “come avesse l’inferno a gran dispitto“, puntando il dito contro Giasone “inerte” anonimo, freddo, senz’anima; enumerando con logica chiarezza le ragioni del suo atroce gesto, le cause… tutte lì dinnanzi a lei, in quel Giasone che “aveva trafitto la sua volontà”, che le aveva ucciso il fratello, contrario a quelle nozze, e l’aveva posseduta, resa madre, e poi tradita per tenerla come concubina nel suo letto e per abbandonare i suoi figli alla schiavitù…
Ecco che Medea fa una scelta per i figli: alla vita da schiavi sceglie la dignità.
Cos’è la dignità? Se non essere degni di essere uomo, coerenti ai valori della Giustizia.
La parola Dignità viene pronunciata così forte e stentorea che tutto il teatro ne risuona, nome difficile da assimilare, ma il più nobile da perseguire.
Il Testo di Luciano Violante rivisita il mito di Medea:
MEDEA da regina e maga divina, cara agli dei, a sposa straniera… estranea tradita… a madre che mai può cedere i figli all’abbandono e alla schiavitù.
Sono strazianti e bucano le viscere le parole di Medea dalle quali scaturisce la dicotomia dell’amore: vita dei figli “sbavati e posseduti” da flaccidi uomini corinti o Dignità della morte… ecco l’immagine turpe, nauseante di una società corrotta, celata da belle vesti, si snoda come una pellicola nelle parole di Medea. Ed è qui che il regista Giuseppe Di Pasquale con tocchi, magistrali e forti, sulla barca e intorno ad essa pone Medea, interpretata da Viola Graziosi, a scavare nel marciume del tempo, di sempre, solo per la brama di potere.
Dopo aver visto Viola nella Clitemnestra, credevo che di più non avrebbe potuto, e invece la Graziosi ha oltrepassato l’umano per toccare la natura eterna e divina di Medea…
MEDEA, altera, forte della sua immane tragedia, pian piano subisce una metamorfosi e da madre diviene madre terra, Demetra per l’appunto, che ha provato la lacerazione del suo ventre con il rapimento di Kore, che grida il suo dolore per il suo corpo martoriato per mano di uomini avidi di potere e di male.
Della Medea di Euripide, a Diodoro Siculo, a Ovidio e a tutti i classici che l’hanno rivisitata, in questa Medea di Luciano Violante c’è, all’inizio, una connotazione umana ancora più forte, più incisiva, una ratio più profonda dell’amore di una sposa che rinuncia ai valori della sua terra per vestire quelli dello sposo, e questo è per lei la prima lacerazione; c’è uno sposo che sempre per brama di potere , con una freddezza glaciale, cancella il legame matrimoniale; c’è una madre che fissando gli occhi delle madri presenti, le interroga sull’amore unico verso i figli, e una Medea che tiene in braccio due involucri di carne e sangue come risultato del misfatto che il marito aveva perpetrato.
La funzione del Teatro è quella di collegare il presente con il passato e viceversa, e come scrisse Alain Bodiou in “Rapsodia del Teatro”, quella di connettere “l’istante con l’eternità”, ” l’atemporalità con la temporalità sperimentale dovuta alla singolarità dell’evento teatrale”.
A Luciano Violante, uomo di Legge, ex magistrato, conosciuto oltre che per il suo impegno politico nella lotta contro la mafia, anche per le sue numerose opere su questo tema, sta a cuore la Sicilia, la cui divina bellezza è deturpata dal sangue della Mafia, cosparsa della morte dei suoi figli, dei “giusti” e nel suo testo opera un’altra Metamorfosi: Demetra è la Sicilia…”la terra a tre punte, la chiave di tutto“.
Medea, Demetra, la Sicilia, tre identità, come le tre punte dell’isola, si sovrappongono e si fondono in una donna disperata che sparge bossoli rossi come fiori, in questa terra dove gli uomini sono ammaliati “dalle parole vuote di senso”, dove la Giustizia non trova loco, dove i Giusti, morti, saranno “i vivi”.
Il regista ha mirabilmente realizzato sulla scena queste metamorfosi con una tecnica ondulante, come la vela che Medea alza per navigare ancora, con l’interpretazione di Viola Graziosi che si erge e si muove in senso orario: dal Mito ad oggi attraverso le fasi della Storia, connettendo l’istante con l’eternità, legando il passato al presente.
Luciano Violante ha stravolto il Mito?
No, Luciano Violante, uomo di giustizia, ha rivisitato il Mito trovando connessioni con i nostri tempi, si è calato nella divinità del Mito, trovando in esso il nostro oggi e lo ha esteso come fosse una pasta magica, sino a giungere alla nostra Sicilia, che possiede quella dicotomia di bellezza paradisiaca e di inferno anche nella struttura geologica, ce lo narra Viola Graziosi quando vede dall’alto il monte dalla bocca di fuoco e i mari, attraverso il Mito ha esortato in modo accorato a scegliere la Dignità contro ogni forma di corruzione e di resa, nella Medea egli coglie la “forza” da trasmettere alle future generazioni per combattere contro la Mafia dei poteri.
Incantevole rapimento ha suscitato l’interpretazione dell’attrice, la sua voce espressiva, calda e musicale, mista a momenti di intensa commozione, di riflessione, di introspezione…
Che il Ciclo continui… che torni sulla scena Viola Graziosi a interpretare i miti, lei, vincitrice del premio Adelaide Ristori e di Actress of Europe, che è stata la migliore attrice candidata per l’interpretazione dei Miti classici.
Rita Chillemi